La Grotta del Sole
Sulla
costa sud-orientale dell'isola d'Ischia, tra Punta del Lume
e Punta Parata, si apre una grotta che, nel corso dei secoli,
ha spesso cambiato di nome: Grotta di Terra, Grotta
di Bordo, Grotta del Tisichiello, Grotta del
Mago, Grotta d'Argento, Grotta del Sole.
Nel 1588 Iasolino la descrisse in questi temmini: Dopo il
promontorio delli Cefaglioli segue l'altro detto dell'Aguglia e fra questi due si vede una grotta, o speco grandissimo,
e luogo molto orribile, nel quale si può entrare con
fragate grosse e possono starvi più vascelli piccioli,
fatto credo dalla Natura maravigliosamente".
La descrizione sveglia l'ironia di d'Ascia: Bisogna dire da
ciò che ai ternpi del Jasolino le fregate e i vascelli
dovevano avere la dimensione di una barca di pesca, o che
il Dottore Jasolino come medico di Monteleone poco si era
curato veder mare ed osservar la portata delle fregate e dei
vascelli.
D'Ascia, comunque, la chiama Grotta di Terra, nome
che dà anche alla punta, detta per lo più promontorio
della Guglia.
Nel 1930 in Geologie der Insel Ischia il Prof. Rittmann,
dopo aver descritto il massiccio di trachite di Campagnano
e il filone che si trova all'interno, scriveva: il dicco tra
le pareti di sodalite-trachite molto resistente venne levato
via dal mare, venendosi cosi a formare la caverna.
I pescatori, un tempo, vi si rifugiavano per ripararsi dalla
pioggia e la chiamavano Grotta del Mago, perché,
dicevano, avevano visto un vecchio gigantesco, con chioma
e barba fluenti, seduto su una delle rocce della grotta. Sembra
che si sentissero anche voci misteriose ed avevano, infatti,
intravisto tre belle fanciulle. Generalmente, dopo la pioggia,
la cattura del pesce riesce più agevole, ma i pescatori
lo attribuivano all'aiuto di quel misterioso spirito benigno.
Fu, però, negli anni '30 che la grotta ebbe una certa
celebrità, divenendo anche la causa di una disputa
fra dotti. Da una parte, i professori Giovanni Platania, Mario
Puglisi e l'ingegnere Nicola Ciannelli, dall'altra il Dottor
Giorgio Buchner e il Professor Immanuel Friedlaender.
Nell'estate del 1932, infatti, due tedeschi (in seguito, il
regime li volle italiani), avvinti dal fascino della grotta,
la esplorarono palmo a palmo e notarono nella parte di fondo
un cunicolo, tagliato nella roccia e ostruito da massi. Nei
giorni seguenti, fatti saltare i massi, s'ingolfarono con
un sandolino nel cunicolo e, puntando le mani contro le pareti,
riuscirono, nonostante l'oscurità, a far avanzare l'imbarcazione
e si trovarono, dopo un tempo che sembrò senz'altro
lungo, in una nuova grotta. "Attoniti per l'inaspettata
scoperta, i violatori del mistero erano soprattutto incantati
dalla fosforescenza argentea che faceva scintillare le loro
mani in funzione di remi e la chiglia del battellino, accendendo
bagliori diamantini negli spigoli delle rocce; ma non riuscirono
a stabilire se questa fosforescenza fosse veramente l'unica
sorgente luminosa da cui la visibilità derivava".
I due scoprirono anche un altro cunicolo, "in fondo al
quale suonava - ampliata dagli echi della caverna - l'onda
della marea che sospingeva contro la costa lievemente degradante
una piccola massa di ciottoli scintillanti (...)". La
scoperta invoglia il can. G. Giuseppe Sasso, proprietario
dei terreni sovrastanti, a valorizzare la spelonca e la galleria.
Ottenuta la concessione govemativa, compì alcuni lavori
e costruì una passerella con ringhiera tra le due grotte,
vi impiantò l'illuminazione per aumentare la visibilità,
portò anche una zattera nella grotta. Fu, inoltre,
costruita una scalea, tagliata nella roccia, "per accedere
ad una grande terrazza messa sulla verticale della grotta",
dove fu organizzato un servizio di ristorante. I giornali
diedero notizia della scoperta; si distribuirono volantini
con la descrizione della grotta e con cenni sulla leggenda
del Mago. Fu Luigi Patalano che, per il riverbero argenteo
della luce sull'acqua, la chiamò Grotta d'argento in opposizione anche alla Grotta Azzurra di Capri. Intitolò
infatti un suo articolo per il "Corriere d'America"
di New York: "La Grotta d'argento a Ischia". Il
giomale pubblicò l'articolo il 24 settembre 1933 con
il titolo, però, "La Grotta d'argento a Capri".
Trovandosi a villeggiare a Lacco Ameno, il prof. Mario Puglisi
fece numerose visite alla grotta, in compagnia dell'ing. Nicola
Ciannelli e ne trasse la convinzione che "quella fosse
stata, in tempi preistorici, un tempio dedicato al culto solare".
La forma, la disposizione, le inconfondibili caratteristiche
che la grotta mostrava, lo confermarono sempre più
nella sua opinione e, dopo aver segnalato il suo punto di
vista alla Direzione dei Monumenti e Scavi di Napoli, espose
il risultato delle sue ricerche in un articolo sul "Popolo
di Roma" il 28 ottobre 1934-XIII. Sosteneva, in altri
temmini, che quella grotta fosse opera umana, adibita in tempi
preistorici come luogo di culti magico-religiosi e, più
precisamente, solari. Nello stesso anno Mons. Onofrio Buonocore
pubblicava: L'isola del sole (Ischia) su "La Cultura"
XV n. 178, in cui, dopo aver descritto la grotta, enunciava
argomenti favorevoli alle ipotesi di Puglisi e trattava del
bradisismo per convalidare, appunto, le vedute del professore.
La scoperta ebbe vasta risonanza anche all'estero e, in Germania,
A. E. Roehrle, nel 1936 pubblicò: Eine Sonnenkulstdtte
aus vorhistorischer Zeit. Die "Crotta del Mago"
auf lschia (Un luogo destinato al culto del sole dei tempi
preistorici: la Grotta del Mago di Ischia). L'opinione del
prof. Puglisi fu anche sostenuta dal prof. Giovanni Platania
("La Grotta del sole"), ma contro di essa si schierarono
il dott. Giorgio Buchner sul Bollettino di paletnologia italiana: Nota preliminare sulle ricerche preistoriche nell'isola
d'Ischia (Tivoli 1936-37) e il prof. Immanuel Friedlaender
nel Bollettino della Società Geografica Italiana: Sui
bradisismi dell'isola d'Ischia e sulla grotta del mago (Roma, serie VII, vol. VIII, Gennaio 1938).
Secondo il prof. Puglisi, erano "due articoli dall'intonazione
alquanto stizzosa e polemica", per il che si permise,
nella sua risposta (La grotta del sole e i culti preistorici
in Gli Abissi - Rivista di Speleologia e Geografia fisica,
1938) qualche frecciatina ironica soprattutto nei riguardi
del prof. Friedlaender. Comunque, la polemica divampò
fra quelli che sostenevano che la grotta fosse opera naturale,
"fatica millenaria dei continui baci del mare",
per esprimerci alla Buonocore, e fra quelli che sostenevano
la tesi che la grotta, in origine naturale, fosse stata poi,
nell'epoca neolitica, adattata a culti solari.
Ma quando una violenta mareggiata spazzò via tutte
le impalcature e le condutture elettriche, distruggendo la
zattera, anche la polemica a mano a mano si spense e la grotta
ritornò nel suo oblio, calmo riparo per i pescatori
in caso di pioggia. Nessuno più ha tentato di interpretare
i petroglifici delle pareti né i diversi particolari
di quella grotta, che fu allora definita importantissimo monumento
della civiltà neolitica.