Ischia
l'isola di Tifeo
di Norman Douglas (in Summer
Islands)
Benché non le veda contrassegnate sulle carte nautiche che il
defunto ammiraglio Magnaghi era solito tracciare, ci devono essere nel
Mediterraneo correnti che vanno costantemente in direzione della Campania.
Anticamente, in tempi mitologici, le spoglie della Sirena Partenope,
galleggiando sulle acque, procedettero alla deriva verso la terra e trovarono
un luogo di riposo e una onorata tomba a Napoli; una corrente marina,
quindi, decise la religione di quella grande città. Poi,
nell'età eroica, è arrivato Palinuro, timoniere di Enea,
il cui corpo, alla deriva verso occidente, raggiunse il promontorio che
porta il suo nome.
Il fenomeno trova maggiore autenticità quando entriamo nel periodo
storico. Così possediamo la testimonianza del corpo di San Costanzo,
patriarca di Costantinopoli ed ora santo patrono di Capri, che galleggiò,
chiuso con cura in un barile, dall’Eusino fino alla baia di Napoli,
dove arrivò fresco e conservato in ottimo stato .
E non vi è la prova più accertata della Santa Vergine Restituta,
il cui il corpo navigò dall'Africa alla baia di Napoli su una
macina?
Il corpo benedetto giunse in un luogo vicino a Lacco Ameno nell'isola
di Ischia, che costituisce l'argomento di questo racconto. Come prova
del miracolo, la macina esiste ancora oggi, così come la chiesa
di Santa Restituta, che si erge accanto alle famose sorgenti termali
dello stesso nome... Arrivando una mattina su questa leggendaria
ed assolata spiaggia, con la mente avvezza al meraviglioso per la prossimità del
sacrario commemorativo, vidi qualcosa che mi congelò il sangue
nelle vene; una testa umana stava riposando sulla sabbia a poca
distanza dalla riva. Il suo viso era girato dalla parte opposta
alla mia vista ed era celato sotto un panno bianco come un asciugamano. La
gente del paese camminava nei pressi su e giù, assolutamente
ignara della sua esistenza, come se tali situazioni facessero parte di
vita di tutti i giorni; i pescatori riparavano tranquillamente le reti
nelle vicinanze, i bambini giocavano intorno, gridando allegramente.
Scosso dall’incredibile insensibilità della gente e quasi
sospettando di essere vittima di un grave allucinazione, mi curvai, tremante
e provai a portar via il panno che lo copriva. Questo innocente
gesto indusse la testa a pronunciare improperi in napoletano misti
a parole della lingua inglese che nulla mi spingerebbe a ripetere qui.
Era soltanto un inglese che faceva le sabbiature per i suoi reumatismi. Ora
la terra si sollevava convulsamente ed il moderno Tifeo emergeva, pawing,
come il leone di Milton, per liberare i suoi arti inferiori. Aveva
bruciato solennemente le sue crucce due giorni prima, “e,
per Giove, non è possibile pensare quale sia la gioia quando
si riprende a camminare con i propri piedi”. Lo potrei, invero,
poiché sono passato attraverso lo stesso purgatorio (questi
sabbiature più non si fanno più)
Era una delle più belle favole dei Greci, questa del gigante Tifeo
incatenato sotto l'isola di Ischia e perpetuamente in lotta per rompere
i suoi ceppi. Di qui i convulsi terremoti. Lo si può vedere
raffigurato sul frontespizio del libro di Jasolino, dove sembra abbastanza
buono - probabilmente perché l’incisore non ha vissuto
al tempo della catastrofe del 1883.
A credere a questo stesso autore, c’è malattia al mondo
che non possa curarsi con l’uno o l’altro dei bagni
di Ischia. I veri nomi di alcuni di essi ora sono dimenticati
e sospetto che o sono stati coperti dalle frane, o che si sono
prosciugati in conseguenza del disboscamento. Jasolino, in verità,
ne scrise nel 1580, ma non mancano a questo proposito recenti stravaganze. Cadono
le ciglia? Si provi il Bagno di Piaggia Romana. La vostra carnagione
non vi piace? Usate il Bagno di Santa Maria del Popolo. Siete sordi? Il
Bagno d'Ulmitello. Ciechi? Il Bagno delle Caionche. Emicrania,
freddo al fegato, o difficoltà del rene? Il Bagno di Fontana. Vi
prude il naso? Il Sudatorio di Castiglione. Mal di denti,
o impetigine? Bagno di Succellaro. Forse il vostro cuore
ha bisogno di conforto? Il Bagno dell'Oro soddisferà il
vostro caso. Siete una vittima dell’ipocondria? Il
Sudatorio di Cacciotto dissipa gli umori neri. Vi siete scottate
le dita con acqua bollente? Provate ancora il Bagno di Fontana. Vostro
nonno si lamenta della calvizie, avete disturbi dil elefantiasi,
o vostra moglie è ansiosa di essere benedetta dalla nascita
di bambini? Usate, tutti e tre, il Bagno di Citara.
Il bravo medicus et philosophus Giulio Iasolino ha veramente
creduto in tutto ciò? Chi può dirlo! Altri
vi hanno creduto ed Ischia ha cominciato a prosperare.
Nel santuario di Santa Restituta si può vedere un vaso antico
di piacevole lavorazione, ora adattato ad usi della chiesa. È una
delle poche antichità trovate sull'isola, e viene da Monte di
Vico, la vecchia cittadella greca. Erano veramente sfortunati nella scelta
dei loro stanziamenti, quei greci d’Ischia. Non appena una nuova
colonia aveva cominciato a prosperare, ecco che qui scoppiava un allegro
vulcano e li spaventava costringendoli a fuggire. Nessuno si stupisca
che le Sirene rifiutassero di stare su incerti siti, esse erano legate
alla loro; preferivano sostare vicino a solide rupi calcaree piuttosto
che sul coperchio di un calderone. Ho trovato ben poco in Ischia che
richiamasse alla mente tali creature marine; ma a Forio c’è (c'era,
perché ora è stato trascinato via) un isolotto che portava
il nome stranamente bello di Impusa.
Enfin, nous sortimes de Babylone, et au clair de la lune, nous
vimes tout-a-coup une empuse... Ouida! Elle sautait sur son sabot de
fer; elle hennissait comme un âne; elle galopait dans les rochers.
II lui cria des injures; elle disparut...
E chi va da Forio a Panza vedrà, adagiata nelle onde, una pallida
pietra dal nobile contorno: una sfinge marina. Ma c'erano le Ninfe ad Ischia,
Ninfe nitriche il cui compito era proteggere le acque salutari. Molte antiche
tavolette votive sono state trovate, testimonianze al loro amichevole aiuto
ed a quello di Apollo Guaritore. Esse sono state studiate da Beloch e da altri,
e la maggior parte di esse ora si trova nel Museo di Napoli,.
A Nitroli, la loro dimora, il gentile elemento ancora sgorga allegramente
dai caldi pendii dell’Epomeo e vien giù con piacevole fragore,
intagliando un profondo burrone nel pendio; caprifogli e selvatiche rose
lungo fanno inciampare, con qua e là un ciuffo di fruscianti
canne - quelle numerose canne che hanno sussurrato il segreto temuto
anticamente: “Mida ha le orecchie d’asino”. L'acqua
si perde in uno dei valloni che segnano la costa meridionale dell'isola
e la fanno sembrare, dal mare, come la scorza di un melone troppo maturo.
Questi burroni erano un rifugio sicuro per gli abitanti durante
i tempi tormentati del Medio Evo. Le loro pareti sgretolate discendono
perpendicolarmente nell'abisso, e non passa anno che un povero mietitore
non sia trovato fracassato ai loro piedi. Giù in quelle profondità prive
di vento regna un eterno crepuscolo; pioppi giganti protendono i loro
colli per prendere la luce del sole e l’aria; le loro corone carezzano da
entrambi i lati l'orlo dell’orribile baratro, ed uno scoiattolo,
se fosse qui, potrebbe attraversare il golfo su questo frondoso viadotto.
Anch’essi hanno la loro utilità. I criminali vi si possono
imboscare per settimane e mesi in attesa di un'opportunità per
scappare sul continente, se la popolazione li aiuta portando approvvigionamenti
di cibo. Soltanto due giorni fa una donna in uno di questi villaggi di
montagna ha tranquillamente trafitto con enorme coltello suo marito,
che stava morendo al momento del mio arrivo. Lei si era risentita perchè picchiata
da lui.
Ora, le donne napoletane sono orgogliose di questo genere di trattamento
da parte dei loro sposi, considerandolo come una prova di affetto - quando
esposi questo punto di vista ai vecchi del villaggio, questi la scusarono
per il fatto che lei non era una napoletana, e non aveva buon senso.
L’intera contrada aveva esaminato la ferita; i piccoli bambini
accostavano le punte dei loro pollici e delle prime dita di ambedue le
mani gridando: 'Così grande, così grande!' ed una vecchia
strega che era guardata con particolare venerazione ricordò che
raramente aveva visto un simile spettacolo.
Chiaramente, il marito era un uomo impopolare, e c'era un consenso generale
di opinione che l'assassina non sarebbe stata mai presa. La vecchia donna
espresse la situazione dicendo: 'Lei sarà catturata solamente
se è una vera sciocca' - volendo dire, presumibilmente, se si
faceva vedere negli alloggi del carabinieri che si supponevano
la cercassero altrove.
Le ragazze dei villaggi settentrionali di Ischia, con l'eccezione di
uno o due di Lacco, sono quasi sempre brutte, ma qui nella zona di Nitroli
si possono vedere molte ragazze di rara bellezza – creature come
ninfe, fiori amorosi, con soffice voce, con occhi lampeggianti di Menadi.
La loro bella apparenza è stata attribuita al fatto che lavano
il loro lino di famiglia nella calda acqua minerale.
I ragazzi sono più comunemente di carnagione scura: un caso interessante
ed anomalo di dimorfismo sessuale, se è vero, come dicono i naturalisti,
che il tipo scuro sta tendendo dappertutto a soppiantare quello biondo,
e che i maschi dovrebbero essere i primi a manifestare questa innovazione.
Questi giovani non sono molto amabili; non sorridono e non dicono Buon
giorno, Signore; preferiscono, appena possibile, guardare in altra
direzione. Questo è il solo loro comportamento. Gli Ischioti sono
in un certo senso una razza mista; a loro manca l'omogeneità della
razza pura della gente del Vesuvio. Ma hanno un carattere loro proprio
e differente, per questo rispetto, dai Capresi che si sono spogliati
di ogni caratteristica idiomatica e sono diventati meri parassiti degli
stranieri, a spese dei quali prosperano.
L'apparente cipiglio di molti di questi isolani non è affatto
tale; è un aspetto della sospettosa diffidenza, nata da lunghi
secoli di incursioni piratesche e di oppressione. Il terribile terremoto
del 1883, quando in meno di quindici secondi perirono oltre settemila
della morte più orribile, ha fatto la sua parte: non solo ha rovinato
le loro case e e il loro benessere, ma anche il loro morale.
Essi sono poveri, disperatamente poveri; pochi sono proprietari del terreno
che coltivano - completamente diversi dai contadini di Capri, la maggior
parte dei quali sono tre volte più ricco degli stranieri che visitano
le loro 'umili' dimore.
Un certo orgoglio spagnolo, forse, ancora sussiste nelle loro vene, da
quando Alfonso il Magnanimo, in uno dei suoi atteggiamenti più magnanimi,
cacciò tutti gli uomini nativi dell'isola e la popolò con
i suoi spagnoli, ai quali fece sposare le loro vedove e figlie. Lo
storico Capaccio, che ha scritto parole piene di amarezza a questo
proposito, suppone che ciò fu fatto per ' ammorbidire ' il
carattere degli Ischioti.
Ma è, soprattutto, la terra instabile con i suoi funesti eventi
che ha agito sul carattere insulare.
Se Ischia potesse avere uno sbocco ben regolato alla maniera di Stromboli,
questo pericolo potrebbe essere evitato ed evolversi una razza di uomini
più portata all’allegria. O se il Vesuvio cessasse
la sua attività, un nuovo cratere potrebbe aprirsi a Ischia,
perché questi due, per quanto è stato osservato,
sono in reciproca dipendenza, le antiche eruzioni di Ischia cessarono
quando l'altro cominciò con il suo grande intrattenimento a Pompei
e a Ercolano, per riprendere soltanto durante il lungo letargo medievale
del Vesuvio.
Questo avvenne nel 1301. Un flusso di lava, denominato Arso o Cremato,
scese dalla montagna al mare
La via che percorse ora è distinguibile dai pini che coprono le
pietre; essi sono stati piantati soltanto verso il 1850; diversamente
da altri flussi di lava che rendono prima o poi cedono all’avanzata
della vegetazione, questo luogo è rimasto per cinque lunghi secoli
una macchia nel paesaggio, una sterile desolazione, refrattario ad ogni
tentativo di coltura.
Con l'avvento dei pini tutto è cambiato.
Un giardino naturale con percorsi labirintici, una meraviglia di
gusto e di paziente lavoro, copre una parte di questa zona una volta
arida. Ancora dominano le pietre bruciate in mostruose contorsioni di
pinnacoli e di forre e le loro masse lacerate, verniciate con il lichene
grigio-rosato, si contorcono in atteggiamenti minacciosi dei demoni terrestri
che serrano i pugni e rifiutano di rendere il loro antico impero. Ma
stanno già per essere inghiottiti ed i loro giorni sono
contati.
Dove altre piante non hanno attecchito, si sono insediati i pini. Qui
non ci sono brillanti carrubi, fichi o olivi, né boschetti di
scuri lecci: i pini invece si trovano dappertutto. Le loro cime
si intrecciano e la luce solare si versa giù attraverso i loro
rami saldi e corallini, tessendo tipici arabeschi sul suolo. È piacevole
in ogni ora del giorno deve sempre percorrere il labirinti di questo
magico sito; nelle ore più calde di mezza estate si avverte e
si gode la brezza marina.
Allora, anche, l’ombroso ailanto, spoglio d'inverno, viene in
aiuto del pino e un verde vivace caratterizza i vari mesi - nell'inverno
splende a terra, poiché le rocce sono costellati con migliaia
di muschi, felci e anemoni che strisciano via all’avvicinarsi del
mese di giugno; d’estate, splende in alto.
I pini lottano in tutte le stagioni. La relativa azione è duplice. Sotto
terra, le loro radici devono insinuarsi nelle rocce – prima
teneramente, poi con grande forza - succhiando l’energia, in base
ad alchimie sconosciute, dalle loro viscere bruciate dal fuoco. Sopra
cade una silenziosa pioggia di aghi di pino. Cadono incessantemente;
dove cadono, là restano. I crepacci della pietra ricevono questo
humus aereo e crescono le famiglie della ginestra, del caprifoglio,
del cisto, dell’erica, del mirto, della valeriana, dell’edera,
del lentisco, rapido ad approfittare della situazione. Tutta la
flora di Ischia si compiace ai piedi di questi gloriosi pini. A differenza
del nostro faggio, questo albero consiglia sia ai bambini che ai vicini
di trovar piacere sotto la sua ampia corona.
È facile, senza dubbio, dire buone cose di altri pini. Il pino laricio produce
tuttavia legno migliore; il pino color giallo canarino è più florido;
quello di Aleppo più chiaro nei colori e più prolifico.
Ma considerazioni di carattere utilitaristico regolano l'universo. Il
pino locale, cresciuto tra le pietre, oltre a produrre frutta commestibile,
presenta diversi vantaggi rispetto a suoi rivali. Si sviluppa
più velocemente e con una più grande dimensione;
le radici penetrano più profonde nella lava; il suo legno è poco
nodoso. Non ha bisogno di essere puntellato neppure nell’età più tenera; tale
pino si sviluppa diritto per natura, come dicono i botanici. Mille
puntelli di legno sono un serio risparmio finanziario in un paese
scarso di boschi come l'Italia.
Il benefattore che ha piantato questi pini ha dato non soltanto salute
e gioia ai posteri. Nel giardino di La Mandra ci sono oltre
tremila pini ed erano già adulti venti anni fa.
Il costo della piantatura è minimo: basta scavare un foro nella
lava e forzarvi l'alberello che poi cresce diritto senza alcuna
difficoltà. Oggi non c’è nemmeno più bisogno
di piantare i pini, che ormai si propagano da soli. Se potessimo
stimare ogni pino alla cifra pur bassa di duecento franchi, si constaterebbe
quale fortuna quel degno successore di Varrone e di Columella abbia lasciato
in eredità, utilizzando un terreno dove precedentemente non cresceva
un filo di erba.
Tuttavia il lavoro – lavoro di perforare la pietra e umanitario
- di questo grande albero non è del tutto completato. I
demoni sono sempre là pronti ad emergere ancora una volta e riprendersi
il loro dominio. Chi ne dubiti, abbatta i pini e ne veda le conseguenze.
Da parte mia, confesso di preferire che la mano del Grande Demiurgo si
fermi a questa fase intermedia, poiché ci sono al mondo
vigne e campi di grano in abbondanza, ma pochi luoghi sono più belli
dell’armoniosa pineta di La Mandra.
Alcune piante di Ischia, tuttavia, saranno cercate invano qui. Così il
botanico Tenore, per esempio, ha fatto una scoperta molto interessante. Ha
trovato, vicino a determinate fumarole, due piante esotiche, una nativa
della Giamaica e l'altra cresciuta in India, in Arabia ed in Africa. La
temperatura del suolo in cui queste hanno le radici non è mai
inferiore a 20 gradi Reaumur e Tenore sospetta che siano relitti
dell’antica flora europea tropicale - relitti che hanno trovato
rifugio in queste calde cavità dal ghiaccio del periodo glaciale
che ha distrutto l’altra vegetazione. La sua teoria, se corretta, è da
ritenere molto significativa per la stabilità di Ischia.
Ci sono poi grandi orchidee bianche, inodori come le altre, ma belle
da vedere. Crescono nei boschi attorno al cratere estinto di Monte
Rotaro.
Considero questa collina una delle più affascinanti dell'isola. I suoi
fianchi di sono coperti da una densa distesa di elci e corbezzoli e giù sotto,
dove si svilupparono le fiamme una volta, si trova un prato verde
Qui sono interratele vittime del colera del 1830, fra cui molti stranieri (le
pietre tombali da allora sono state rimosse, ma sono ancora visibili
nel terreno i loro contrassegni). Sarebbe difficile trovare un posto di
riposo più piacevole per l’eternità a meno che non
si tratti dell’eremo di Citrella a Capri, dove ebbero sepoltura
le vittime del colera dell'isola nello stesso periodo.
Ma quale contrasto fra i due! Qui il terreno vulcanico con il suo
antico manto di vegetazione ed all'interno di quel profondo imbuto una
calma silvestre, come se le tempeste ed i mari più non esistessero
sulla terra: - Citrella, posta come il nido della rondine sul
dirupo di pietra calcarea in preda ai venti; a valle, il titanico splendore
della Capri meridionale e il mare brillante sparso di massi sottomarini
che gli danno l’aspetto, da tali aeree altezze, di una mappa della
luna smaltata di tinte azzurre e verdi di un vaso di Damasco.
Prima che la strada si pieghi verso il basso nel cratere, essa attraversa
un tratto erboso in cui il viaggiatore può riposarsi per
un po' dalla fatica dell'ascensione, se sceglie un posto sicuro; la
terra è infatti costellata di crepe vulcaniche nascoste
che emanano un invisibile ed inodore vapore.
Un giorno, mentre ero seduto su questo ingannevole tappeto erboso, ho visto
un prodigioso volo di farfalle che davano vivacità all'aria; si
posavano su di me e volavano intorno alla mia faccia - un fenomeno vero.
Non c’erano uccelli sul posto da profittare di questo banchetto
e gli ospiti svolazzavano indisturbati. Sembravano essere indifferenti
se le piante fossero fiorite oppure no; spinti da uno strano desiderio
di attività volavano qua e là nell'aria fino a quando,
improvvisamente, un certo impulso li spinse ad allontanarsi da me. Erano
della specie Colias croceus e, come riportato dai giornali,
la loro presenza era stata notata anche in altri paesi.
Soltanto una volta nella mia vita ho visto qualche cosa di simile. Ero
nella sede di un club di una città tropicale e unico altro socio
presente in quel momento era il povero vecchio B -, che, come lui stesso
confessava, era in procinto di cadere progressivamente in malora. Se
ne stava con un'espressione disturbata alla finestra.
- Avete spesso questo genere di cosa? Chiesi innocentemente..
Immediatamente prese l'aria solenne e offesa di un ubriaco che ha il
sospetto di essere stato scoperto.
- Posso chiedere a che cosa fate riferimento?
- Perché, sig. B -, non vedete tutte quelle farfalle?
La sua faccia assunse un’espressione di sollievo.
Ora, se il mio amico fosse venuto a Ischia, invece di farsi avvelenare
con strano miscuglio venduto come whisky da onesti commercianti coloniali,
avrebbe potuto bere a piacimento e stare in migliori condizioni. Poiché il
vino è l'acqua di Ischia e come vino pasto non è superato da
nessun altro a Sud di Roma. Effettivamente, esso è bevuto in
tutta Europa (sotto altri nomi) ed è un bello spettacolo vedere i numerosi
bastimenti provenienti da porti stranieri urtarsi l’un l’altro
nel piccolo porto circolare, uno dei pochi ricordi piacevoli del malgoverno
borbonico.
Gli Austriaci, alle prese con il loro Paprikahendl, o i Francesi
che lanciano sguardi languidi alla loro omelette e alla loro baguette,
considerano poco quanto Ischia abbia contribuito al loro Gumboldskirchner o
al loro vin ordinaire. Prova quindi il vino di ogni grado di
latitudine dell'isola, dai dorati torrenti delle mille botti di Forio
fino al pallido ichor color primula, una bevanda divina, che stilla dalle
uve nane della montagna. Prova anche i generi rossi.
Provali tutti, ripetutamente ancora. Tale era almeno il consiglio di
un signore fiammingo che incontrai tanti anni fa a Casamicciola.
Come la maggior parte dei suoi concittadini, egli era per natura molto
schietto, incline a dire pane al pane; ma la sua visione razionale della
vita, come soleva dire, era trasfigurata e irradiata da un amore profondo
della natura.
Dove non c’è un bel paesaggio, diceva, là io bevo
senza piacere. “Il paesaggio purifica”. “Soltanto
le bestie bevono in luoghi chiusi. Ogni mattina andava alla ricerca di
nuove fattorie in cui bere durante il pomeriggio e nelle ore della
sera.
Ogni notte era portato a letto, con tremendo chiasso. Non chiedeva mai
scusa mai per questa situazione; era la sua festa annuale, spiegava.
Doveva avere una digestione invidiabile, poiché si alzava di buonora
e di solito lo sentivo cantare nella sua toilette strane canzonette della
Mosa e della Schelda. Fatta colazione, usciva per la quotidiana ricerca,
assetato e sentimentale come sempre.
Un giorno, ricordo, scoprì una fattoria più attraente delle
altre - con una vista stupenda sul Vesuvio e la costa, una
vista, vi assicuro, di straordinaria bellezza! Quella sera non fece
ritorno a casa....
Le vigne stanno sostituendo costantemente gli erti terreni boscosi e
i remoti recessi di Ischia. Da un punto di vista artistico
e paesaggistico, questo è molto deplorevole, poiché la
vite, per quando allegramente rivestita di verde d’estate, è nuda
per sei mesi dell'anno, quando i suoi rami spogli hanno un aspetto sciatto
e squallido (Per questo motivo soltanto, Ischia dovrebbe essere
visitata mai nell'inverno).
L’intero distretto da Monte Rotaro alla Pietra Cantante ed al Cimitero
ora è piantato a viti; quando per la prima volta l’ho conosciuto,
non c’era nemmeno una vite; era completamente occupato da querce
e castagni. È al giorno d'oggi impossibile da ricostruire
l’affascinante leggenda , riportata da Bergsöe, della Pietra
Cantante; la località non sarebbe più riconoscibile.
Ma il racconto tuttavia merita di essere tradotto in italiano come documento
storico - è un ricordo della dominazione araba a Ischia
e sembra, a distanza di tempo, come se non ci fosse mai stata e non avesse
lasciato tracce.
Le incursioni dei corsari erano argomenti insignificanti; un cambiamento
di vento, o l'apparire di una vela italiana bastava a sconvolgere
i loro effimeri piani (non del tutto trascurabili a Ischia, tuttavia;
in un'occasione Barbarossa fece prigionieri quattromila isolani). Il
comportamento dei Saraceni, benché non si avvicinasse a quello
di un governo provinciale o persino militare, era interamente differente.
Dove pranzavano, là dormivano.
Abbastanza appropriato, lo spettacolo dato al teatro locale l'altro giorno
era un dramma di questo periodo.
Il teatro, dovrei premettere, era un cellaio in disuso e gli attori
erano marionette a metà in grandezza naturale, i cui movimenti
erano regolati dall’alto con corde legate alle loro teste
e braccia, mentre il direttore, la moglie e la famiglia fornivano
le voci e tiravano le stringhe come richiedeva l'occasione.
Inizialmente gli effetti ultra-flessibili delle personae dramatis disturbavano
piuttosto il senso della realtà; invece di camminare, essi
si muovevano a pochi centimetri dal palcoscenico alla maniera di divinità indù,
i cui piedi erano troppo puri per toccare la terra mortale; si sedevano
inoltre, per la maggior parte, sull’aria; ma l'illusione abbastanza
presto prevalse, nonostante il linguaggio ampolloso in cui il dramma
era stato scritto.
I Turchi, come sono qui chiamati, erano tutti tinti di nero come la pece
(questo è tradizionale e di rigore); il loro capo era un tipo
valoroso coperto di piume e medaglie e la sua frase preferita era di: “trema,
fiero cristiano, alla mia collera”.
Aveva però fatto i conti senza l’oste, dato che abbastanza
presto sua sorella si innamorò perdutamente del capo cristiana. “Entra
nel campo dei miscredenti”, lei bisbigliò nell'orecchio
di una schiava di fiducia che si trovava in sua presenza in quel
momento, “e cerca il prode cavaliere Orlando. Digli che lo amo”.
L’impareggiabile cristiano rispose e fece comunicare che, stando
così le cose, lei senza dubbio non avrebbe avuto difficoltà a
mandargli la testa del valoroso fratello, che era ansioso vedere staccata
dal corpo.
Seguì una magnifica decapitazione. Il buon pascià stava
dormendo dopo le fatiche del giorno in una posizione molto scomoda, quando
entrò cautamente nella stanza la sorella che, dopo aver
eseguito una danza di guerra, sfoderò la sua spada. Furono
necessari non meno di otto terrificanti colpi per staccare la testa dal
corpo e i gemiti del pascià erano realistici oltre ogni credenza.
Il loro crescendo e diminuendo furono resi con precisione scientifica
e provocarono numerosi applausi. La testa continuava a gemere a lungo
dopo la separazione dal tronco; non ho mai sentito lamenti più realistici.
Ritengo che il dramma doveva concludersi in una grande strage di mussulmani
- un vero Blutbad, come dicono i tedeschi - ma fui costretto
riluttante ad uscire al punto culminante del terzo atto, essendosi adunato
intorno a me tanto della microfauna d’Ischia quanto ne potevo convenientemente
ospitare.
Economicamente considerando, il pubblico di questo teatro avrebbe potuto
permettere uno studio interessante. Non c’era una donna fra loro
(un residuo saraceno); soltanto alcune piccole ragazze che non sono considerate
alla loro età tenera come appartenenti a quel sesso. I maschi,
oltre ad alcuni preti, erano principalmente giovani ragazzi o uomini
abbastanza anziani. Gli operai non hanno tempo per tali frivolezze
a Ischia; devono alzarsi con il sole e sono generalmente a letto alle
otto in punto.
Alcuni anziani portano i segni della grande catastrofe del 1883 ed ognuno
di loro può riferire le storie più improbabili di sé e
dei propri familiari; o almeno dei maiali e delle capre. La facoltà di raccontar
favole è qui ben sviluppata. Un cittadino rispettabile mi assicurò che
sua nonna era rimasta sepolta sotto una immensa massa di calcinacci
per quattordici giorni, la sua testa protetta dal piede di una sedia.
Una volta liberata era felice e contenta, ma poi si mise a letto e morì lentamente
di spavento.
Attualmente c’è il fieno che copre le rovine e una rigogliosa
vegetazione le cela parzialmente, ma nell'inverno si presentano in tutta
la loro realtà.
L'uomo e la natura cooperano nel loro lento oblio.
Il contadino, noncurante della precedente esperienza, rinnova la sua fattoria
rovinata o trasporta le pietre altrove per materiale da costruzione; una
miriade promiscua di erbacce ed arbusti invade le case abbattute,
licheni immondi corrodono le pareti, la valeriana cresce dietro l'intonaco,
la ginestra più robusta e il finocchio spingono le dure radici
nel cuore stesso dei muri, facendo sconnettere le pietre ed uscire dai
loro vecchi posti; i venti ed il cadere della pioggia agiscono
sul friabile tufo, smussandone i bordi, e la malta, disintegrata, cade
a terra; un giorno, due lucertole che lottavano, come è loro
solito, in un nodo inestricabile di zampe e di code, cadono su
un blocco e questo allentato precipita giù. Ad un calcolo approssimativo,
dovrei dire che in Casamicciola alta saranno necessari quindici nuovi
anni per nascondere le tracce del disastro nel terreno che si accumula;
nella valle i resti dello stabilimento termale, con la ponderosa muratura
e il duro stucco, offriranno una resistenza più lunga, specialmente
perché nessuno sembra propenso a recuperare il luogo.
L'uomo che poteva raccontare le storie più terribili di questa
calamità era l’anziano guardiano del cimitero. Egli era facile princeps in
questo campo di ricordi e manifestò tutto il suo talento naturale.
«Sì, Signore, se dovessi dirvi tutto sui molti poveri cristiani -
le braccia - i piedi - ah, Signore, se foste stato qui - perché,
sotto questo masso di cemento dove siete, si trovano almeno alcune migliaia
di essi - nessuna bara, nessuna vanga, neppure la terra per coprirli - non
identificati nel caldo dell’estate - diventava, voi capite, intollerabile – sicché li
abbiamo gettato qui dentro e su di essi un carico tremendo di calce e
cemento - abbastanza per schiacciare un reggimento dei soldati - ah,
Signore, poveri i cristiani, la copertura rimase piatta per uno o due giorni,
ma, vedete, proprio dove vi trovate voi, dico, essa si è sollevata...».
Involontariamente voi vi spostate di alcuni passi.
Egli continua implacabilmente:
«Ancora ora, dopo tutti questi anni, li trovano e li portano qui per la
sepoltura - ah, Signore – a pezzi, naturalmente...».
Dopo tali orrori, è bene, prendere un bagno nel mare ed allontanare
via l'immagine della fragilità dell’uomo e delle miserie
umane. L'acqua a Ischia è irresistibilmente attraente, di purezza
cristallina e non frequentata da mante o altri terrificanti pesci. Una
volta all'anno, forse, si vede crogiolarsi al sole uno squalo, un orribile
mostro, e spingersi verso la spiaggia con amichevole curiosità;
e generalmente riceve in cambio riceve una scarica di pistola per i sua
pena.
O potete prendere per un'escursione pomeridiana una barca a vela diretti
all'isolotto di Vivara, che può essere considerato, con Procida,
come una dipendenza di Ischia. Non c’è timore
di naufragio, perché il vostro Ischiota, a meno che non
sia di Forio, è un esperto marinaio e, esperto del tempo, neppure
la ricchezza di Creso lo tenterebbe a salire sulla sua barca se rileva
un'ondulazione sull'acqua. Né bisogna temere l'inedia -
il battelliere, come tutti gli ischitani, ha il dono di scoprire
suoi familiari nei posti più improbabili e qui la parentela conta
molto. La metà dello spento cratere di Vivara giace sotto
le onde, ma sulla sommità dell' altra parte si trova una
bella campagna, con querce e carrubi, viti e campi fruttuosi; una spaziosa
fattoria si trova nel centro. Un prete viveva qui, con quattro o cinque
donne che lo aiutavano a lavorare la terra. Era un agricoltore
appassionato. Una volta ogni due mesi si recava a Procida per
comprare il sale e i sigari o una nuova vanga; per il resto, la sua isola
produceva il legname, acqua e latte, vino, olio, mais, patate ed
insalata e conigli e beccacce e quaglie - tutto, in breve, quanto richiesto
per vivere. I pescatori gli portavano, in cambio di assoluzioni, triglie
prelibate, granchi, lamprede ed altri pesci di profondità e niente
turbava il calmo tenore della sua vita, difendendo peraltro il suo dominio
con un fucile da caccia ed aveva ferito parecchie persone che si erano
avventurate a mettervi piede. Non era mai stato sospeso a divinis,
ma il suo vescovo lo riteneva un po’ eccentrico.
Una tale situazione potrebbe costituire un delicato scandalo; tuttavia
questo prete ha vissuto la sua vita secondo i suoi principi salvaguardando
la salute del corpo e la pace dell’anima. Questo caratterizza gli
italiani del Sud che parlano di meccanica ma amano molto la terra
ed il concetto fondamentale di questa natura è l’antiasceticismo. L'antagonismo
di carne e spirito, la parte più perniciosa di cattivi
pensieri che la mente umana abbia prodotto, resta ancora un tema incomprensibile.
L'aria a Vivara è come l’ambrosia e non conosco nessun posto
in queste vicinanze che sceglierei come eremitaggio piuttosto che
questo isolotto calmo e fruttuoso.
La vista è superba; abbraccia tutta la Campania.
In lontananza, fondendosi nell'orizzonte, i profili sinuosi del lido
del Tirreno; le isole Pontine, con le loro torve memorie di esilio; il
capo leggendario di Circe; il complesso e dentellato Appennino; le forche
Caudine; i Campi Elisi, il Tartaro e i Cimmeri; la testa fumante del
Vesuvio con il suo corallino circondario di città e villaggi. Ischia,
in questa luce serale, è una immensa cupola di fogliame
verde scuro, mentre dall'altro lato della baia, tutta la penisola Sorrentina è avvolta
in un magico splendore; la meravigliosa collina sembra fatta di aria,
un'esalazione...
O potremmo navigare tutt’intorno all'isola di Ischia, metà a
remi, metà a vela; l’escursione di un giorno, se fatta spensieratamente
come dovrebbe essere (chi tiene conto del tempo non deve sperare di afferrare
il genius loci di queste regioni). Niente è più delizioso
di questa omerica circumnavigazione.
Soltanto dal mare ci si rende conto quanto l'isola potrebbe ancora essere
migliorata. Se ci fosse una strada, per esempio, lungo il
tratto dalla città di Ischia a Lacco - che passeggiata per
gli dei e gli uomini!
E questa, dicono, era il disegno originale, ma poi si scoprì che
il percorso attuale era di minor costo e gli ingegneri furono indotti
a realizzarla internamente attraverso tante colline e valli per soddisfare
la convenienza dei proprietari dei terreni confinanti, sotto ogni aspetto.
La solita, vecchia storia: si risparmia un soldo e si spende tanto. (La nuova
strada ora è stata costruita, ma procede lungo il mare soltanto
da Casamicciola a Lacco).
Qui, mentre navighiamo, c’è almeno qualche cosa di ragionevole,
qualche cosa di moderno. È un serbatoio in pietra in riva al mare,
costruito per ricevere l’eccellente acqua potabile di Serino
che può essere portata da Napoli in navi appositamente costruite.
Ma non c’è acqua di Serino in esso.
Perchè?
La solita causa penale.
E non si deve immaginare che tali cause siano contro i desideri
dell’una o dell’altra parte in causa; entrambi ne sono contenti
e se la godono beatamente.
L’italiano del Sud è un giocatore d’azzardo nato;
gli atti giudiziari e le lotterie statali sono le sue forme principali
di emozionante stimolo; preferisce piuttosto essere battuto che
non avere affatto una causa e domandare a lui come le sue cause procedano è naturale
quanto chiedere come ha passato la notte. Mi hanno detto che alcune persone
insensatamente hanno protestato che l'acqua promessa non fosse
arrivata; come se l'idea originale e patriottica del costruttore non
contasse niente! Come se non avessero la propria fresca fontana chiamata
anticamente Abuceto, che dalle colline vien portata giù su
archi mirabilmente realizzati! (Durante i miei giorni trascorsi a Ischia
essa terminava in un fontanino di pietra con quattro allegri delfini
che gettano l'acqua dalle loro gole di marmo - ora sostituito con
l’orribile ghisa).
Lascia che protestino a lungo! Lascia che ringrazino Dio se essi,
o i figli dei loro figli, assaggiano mai una goccia di quell'acqua di
Serino, vedendo che non c’è ragione per la quale una causa
napoletana dovrebbe mai concludersi o, effettivamente, perchè dovrebbe
mai cominciare.
(Non c’è ancora l’acqua di Serino, 1929).
Già avrete visitato il castello di Ischia, il cui museo di suore
mummificate, una macabra mostra di vita nella morte, vale da solo
il disturbo di venire in questa isola. È complessivamente troppo
inverosimilmente pittoresco, questo pinnacolo torreggiante di basalto;
troppo teatrale, come dice giustamente Symonds, per essere del
tutto artistico. Ma era uno scenario adatto per gli amori di Vittoria
Colonna e del Marchese di Pescara, le cui ombre vagano ancora per quelle volte
tenebrose. Per loro era un'età di ardore ed esagerazione e non è sempre
facile prendere seriamente amanti così appassionati e veementi;
c’è un pizzico di Offenbach in alcuni di loro. Non omettiamo
di visitare la cappella sotterranea le cui pareti sono adorne di
sbiaditi affreschi dalla bellezza austera che datano, dicono, intorno
a circa il 1360. Che bella visione sotterranea!
Nelle vicinanze, isolata tra i vigneti, si erge la possente torre
di S. Anna. Qui si possono vedere pitture murali che descrivono
la città ed il castello di Ischia antica. Questa torre non è visitata
mai dai turisti; offre uno dei stupendi panorami dell'isola e senza dubbio
potrebbe essere comprata a poco prezzo, se non fosse in corso la
solita causa circa la sua proprietà.
Il paesaggio costiero d’Ischia non è così imponente
come quello di Capri, ma esso ha un fascino tutto suo; le sue tinte
sono più dolci e più varie e ci sono tratti più genuini
e selvaggi.
Capri è un microcosmo di perfezione decorativa e di ieratici lineamenti,
modellati con i materiali più semplici e più poveri,
che possono soltanto essere l'ispirazione di un certo divino frenetico
Prometeo. Ma la sua bellezza, benché vitale e palpitante, è limitata;
non ci sono a Capri tratti spaziosi, lunghe distese sabbiose baciate
dal sole, zone montagnose coperte di folta vegetazione, promontori come
quello di Cornacchia, una cataratta di lava caduta in nera confusione
nelle onde.
Diversamente da Capri, questa isola può vantarsi poche caverne naturali. Ma
gli abitanti sopperiscono a questa mancanza costruendone di artificiali
dove si conservano il vino e gli altri oggetti della famiglia, nella
asciutta terra tufacea e dove le capre ed i piccoli pastori sognano nelle
corte notti estive. A volte noterete che qualcuna di esse è abbandonata
senza causa apparente; il piccolo pastore ha visto il munaciello o
lo spirito domestico popolare e decisamente rifiuta di passare
un'altra notte in quel luogo. Fortemente brontolando, il
contadino scava una nuova caverna alcuni metri distanti dalla prima e raccomanda
al ragazzo di dormire con gli occhi chiusi. Quando crescerà,
saprà più meglio come non temere questo amichevole e utile
personaggio, che gli dà i numeri fortunati per il lotto e a
volte denaro contanti e che è, o deve essere, consultato da tutta la
famiglia per questioni importanti.
Queste vecchie spelonche, come le case deserte e le cisterne vuote, sono presto
avvolte in un fascino soprannaturale. Ognuna di esse ha un tesoro leggendario,
benché i nativi siano poco propensi a parlarne, temendo che qualche sconosciuto
potrebbe essere esperto d’arte (magia) e quindi in grado di rompere
l’incantesimo ed impossessarsi del tesoro.
Tutti sanno che nella caverna lassù è sepolto un tesoro
favoloso.
Tre uomini vi entrarono una notte e videro mucchio di oro in una fessura,
ma la torcia si spense tre volte e... accaddero anche altre cose hanno; uno
di loro è morto di lì a poco. Ah, se soltanto
avessero avuto il libro, come quell'uomo di Fontana! Hanno trovato
una pecora là sulla montagna dell’Epomeo, una pecora di
pietra, che hanno portato per divertimento nel villaggio.
E fu lasciata là finché un giorno arrivò un uomo,
un napoletano qualsiasi, con un libro sotto un braccio e un sacco sotto l'altro.
Sapeva che - sapeva! Ha toccato appena la pecora, l’aprì e
un torrente di oro si riversò fuori messo; lui lo mise nel
suo sacco e scomparve...
C’è un suono della sabbia stridente nelle vostre orecchie
e dopo un'ora, come sembra, il movimento oscillante cessa e la
barca s’arena bruscamente sulla spiaggia. Aprite gli occhi.
I colori delle cose si sono sbiaditi – si è fatta sera.
“Il Signore desidera dormire. Ha dormito per tre ore. Siamo a San Montano.
Il Signore desidera bagnarsi qui”.
Deve essere quella zuppa di pesce; o il sole. O forse il vino.
Proprio esattamente; è la familiare valle di San Montano. Ma
non abbiamo visto Punta dell'Imperatore, Citara e Forio...
“Li vedremo domani tutti o un certo altro giorno. Vostra Eccellenza non
ha nessuna fretta”.
No, Sua Eccellenza non ha fretta; la fretta è figlia di Satana,
come dicono gli Arabi. Sua Eccellenza continuerà a procedere prudentemente
nell'acqua tranquilla, poiché chi sa quali esili creature non possano
uscire dalle loro spelonche in un posto come questo e ad una tale ora.
Un velo purpureo è caduto su tutte le cose. Le lucciole
accendono le loro inadeguate lanterne e lontano, sul pendio laggiù,
una cicala in ritardo deve ancora finire la sua azione quotidiana di
musica strumentale. Non si sente nessun rumore di onde su questa
spiaggia deserta; una fragranza di piante aromatiche e della terra calda
esala nella notte senza luna dell’estate....
È possibile che in questo posto solitario, con i relativi canneti e
le dirute casupole, ci fosse il porto - il porto? Non c’è traccia
di antichità da vedere neppure alla luce del giorno ed in questo incerto
crepuscolo la mente, concentrata su se stessa, è più che
mai incline a diffidare della autenticità dell'annotazione storica. È tutto
estremamente improbabile; Berard e i suoi colleghe si prendono
forse gioco di noi, come di consueto. (C’è “via Ulisse” a
Ischia, per ricordare, forse, l’antica associazione omerica).
Chi erano questi Greci e Romani, se mai sono vissuti? I loro vestiti erano
così e così; le loro case così... Figure
evasive, tuttavia.
Nel momento in cui cercate di fissarli sulla retina scompaiono, inghiottiti
dal buio.
Un nero abisso si spalanca fra loro e noi; per quanto chiaramente essi
abbiano potuto pensare ed agire, le loro personalità scivolano
via da noi con lo rapidità di un sogno. Due facce che si
scrutano a vicenda nella notte, attraverso i finestrini dei vagoni
ferroviari...
Tuttavia dobbiamo convincerci, anche a San Montano. Vasi e urne cinerarie,
monete e marmi antichi, sono stati trovati poco sotto la superficie
Nessun dubbio che d’allora molto terreno sia sceso giù dai
fianchi delle colline; il mare, inoltre, deve aver portato sabbia
e pietre e contribuito così a seppellire qui le tracce di vita
antica. Tuttavia soltanto alcuni giorni fa un pescatore ha
tratto fuori dalle profondità un’anfora classica.
Era incrostata con la vegetazione marina e i “denti di cane” che
hanno ricoperto, senza celarle, le sue nobili proporzioni. Uno straniero
l’ha comprata, considerando l’anfora bella e la sua
incrostazione “pittoresca”.
Quanto detto è del tutto esatto. Queste anfore marine sono, a mio
parere, i veri simboli della Campania moderna e la loro graziosa immagine
mi si presenta davanti agli occhi della mente ogni volta che, nella tristezza
nordica, mi ricordo di quelle spiagge e provo a ricostruire la loro gloria
sparita. Poiché i “denti di cane” sono pittoreschi;
sporcizia, superstizione e villania sono pittoresche, ma
non occorre alcuna erudizione né acume per vedere la bellezza
della forma antica attraverso lo sviluppo di ieri.