di Raffaele Castagna
Isola d’Ischia: un passato che ritorna alla luce ricollegando
questa terra ai miti classici e alla primitiva colonizzazione greca,
un presente che cerca sempre più di affermarsi e rinnovarsi
seguendo le mode degli agi della vita.
Queste impressioni si creano nei suoi visitatori occasionali e in quelli
abituali, oggi più che ieri, considerate le grandi scoperte
archeologiche, lasciando molte volte incerti se siano quei ricordi
e quelle testimonianze antiche o piuttosto il nuovo e il moderno a
porre nell'animo la soddisfazione, il piacere e la speranza del ritorno.
Le immagini invero si sovrappongono e contribuiscono a svelare l'anima
di antichi villaggi, piccoli nella loro struttura, ma ricchi per un’eredità storica
quasi senza pari, divenuti successivamente centri turistici e termali
affermati, anche sulla scia dei viaggiatori del Grand Tour, per la
rinomanza delle sue acque minerali e per i suoi aspetti paesaggistici,
con strutture ricettive capaci di accogliere confortevolmente persone
di ogni nazionalità.
Spesso si ha forse la mente legata agli slogans pubblicitari visti
e letti un po' da ogni parte: le terme, gli alberghi, le spiagge di
sogno, i possibili incontri con personaggi noti della politica, dell'industria,
della cultura, del cinema, dello spettacolo, della televisione, là in
Piazza S. Restituta, al centro di Forio, al Corso Vittoria Colonna
d’Ischia o a Sant’Angelo che vive nella quiete di una località priva
di ogni frastuono provocato dall’assalto delle macchine. Ma poi
si scopre con sorpresa e con piacere che questo non è tutto.
Al di là delle semplici visioni paesistiche, degli elementi
climatici e di quanto costituisce mezzo per una vacanza lieta e comoda,
l’isola si stacca da siffatto modernismo e si presenta alquanto
diversa. In ogni suo angolo, in ogni sua caratteristica, è possibile
scorgere e sentire un legame con il passato, con immagini che ricordano
e raffigurano ambienti e vita di civiltà antiche.
A chi arriva dal mare, i primi sguardi si fermano sulle vette collinari
che fanno da spalliera all’Epomeo (già detto anche Epopeo
ed Epopo) e sul Castello Aragonese, che accolse nelle sue stanze e
nei suoi viali una gran corte di regine, di regnanti, di poeti e di
rimatori, tra cui Vittoria Colonna, che qui vi andò sposa con
Ferrante d’Avalos nel 1509.
“In medio elatis caput inter nubila condit / Rupibus, et valles late
prospectat Epopeus” (al centro dell’isola tra le nubi occulta
la vetta con le alte rupi e le valli intorno per ampio tratto mira l’Epopeo):
così cantò il cantore d’Inarime (Camillo Eucherio de Quintiis,
1726) nel suo vasto poema latino composto in riconoscenza di una guarigione
ottenuta con le acque termali dell’isola che, secondo una tradizione
classica, si stendeva sulle braccia, sul petto e sul corpo del gigante Tifeo,
simbolo del fuoco, qui condannato a giacere da Zeus. L’immagine trovò riscontro
anche nel poema ariostesco, sì che l’isola diventa “lo
scoglio ch’a Tifeo si stende su le braccia, sul petto e su la pancia”.
L’isola è anche da qualche autore (Ph. Champault, 1906) legata
al racconto omerico di Ulisse e identificata con la Scheria che accolse ospitalmente
l’eroe e felicemente ne favorì il ritorno ad Itaca. Vicende, storiche
o leggendarie, sono anche presenti nelle sue varie denominazioni da Arime e
Inarime, Pithecusa, Aenaria, Insula, Iscla, Ischia.
Ogni paese, ogni centro presenta le sue caratteristiche particolari,
che si evidenziano nelle rispettive architetture e conformazioni, e
spesso anche nelle parlate locali: Ischia, Casamicciola, Lacco Ameno,
Forio, Serrara Fontana, Barano sono gli attuali comuni con amministrazioni
proprie.
Lacco Ameno, dove si stanziò la prima colonia greca, costituisce
una rada semicircolare, una conca, ai cui estremi si allungano le ultime
pendici dei due contrafforti che si appoggiano ai fianchi dell'Epomeo.
Questo declina con ardite e ripide gradinate, in una levità e
varietà di colori senza pari, e termina al fondo della curva
fino a confondersi con le dorate sabbie della spiaggia. Il paesaggio
offre così nel suo insieme la figura esatta di un teatro antico.
L'aperto mare – come ebbe a descrivere l’Abbé Alph.
Kannengiesser nel 1886 (Souvenirs d’Ischia) - rappresenta
la scena, il luogo d'azione degli attori; la baia costituisce il recinto
riservato al coro e all'orchestra; il terreno che si eleva a scalee,
formando dei corridoi sovrapposti e concentrici, dà l'idea di
un vasto anfiteatro. Potrebbe ritenersi una creazione dei suoi antichi
abitatori. In questa terra infatti approdarono i primi coloni greci,
provenienti dall'isola di Eubea, Calcidesi ed Eretriesi, intorno alla
prima metà dell'VIII secolo a. C. E a Monte Vico, nella baia
di San Montano, sotto il Santuario di S. Restituta, sono stati riportati
alla luce reperti importanti di quell'epoca e della vita vissuta dalle
genti che vi fissarono stabile dimora. Detti luoghi esercitano un grande
richiamo, per una passeggiata di tutto riposo. Lungo quei tornanti è possibile
trovare nella natura un sollievo di pace, di tranquillità o
forse di un oblìo del presente che poi si risolve in un ritorno… al
passato, senza grande sforzo. Un senso di vuoto incosciente sembra
circondarci e trasportarci nella storia dei luoghi, che sa tanto anche
di civiltà omerica. E don Pietro Monti ne fa rivivere con la
sua illustrazione e con la sua poesia i vari momenti: "Sotto il
lieve rialzo di arena, dormono da millenni vestigia di civiltà lontane,
le quali risalendo il Tirreno sulle triremi dalle vele di porpora approdarono
all'isola di Pithecusa. Qui sembra di ascoltare le voci sommesse di
Ateniesi, di Rodesi, inumati in vasi protocorinzi originari della Grecia;
par di sentire i lugubri accenti di Etruschi, di Apuli, elevantisi
da sepolcreti rinchiusi in anfore sepolcrali con amuleti e scaraboidi,
il cui motivo predominante è quello del 'suonator di lira':
sono medaglie o portafortuna che provenivano dalla lontana Cilicia
a nord della Siria".
Là in quel giardino, in quella plaga boscosa, tra i baluardi
di Montevico e della Mezzatorre, si incunea un mare calmo e azzurro.
Sul soffice tappeto di sabbia non fiorisce più il pancrazio
marittimo (giglio di S. Restituta), ma si adagiano al sole estivo genti
di tutte le nazioni. Non sono i rappresentanti di una nuova colonizzazione
gli ultimi arrivati, ma portano l'espressione della moderna civiltà che
rende facili le comunicazioni tra un popolo e l'altro.
E l'isola d'Ischia è diventata una mèta obbligata, un
traguardo importante di questo tipo di diporto. Ogni suo centro, come
detto, ha un fascino particolare, un motivo di richiamo tutto suo,
siano essi condizioni ambientali e bellezze naturali, comodità di
organizzazione e fattori di efficacia curativa, o caratteristiche storiche.
Lacco Ameno occupa un posto a parte in questo contesto. Se fino a poco
tempo addietro erano le sue acque termali a costituire il punto focale
della sua rinomanza, oggi a quelle si affianca il passato che eminenti
studiosi, come il prof. Giorgio Buchner e don Pietro Monti, hanno riportato
alla luce.
La felice combinazione di elementi di ordine archeologico con altri
di ordine panoramico, climatico e sanitario costituisce la ricchezza
e la risorsa dell’isola d’Ischia. Voci dal passato, impercettibili
forse, ma tuttora presenti, rievocano infatti avventure di esuli, di
mercanti, di eroi in lotta, di leggende troiane. Una realtà,
se non un mito, che viene di lontano, ma anche una visione che non
ha nulla di irreale o, meglio, che ci sta di fronte in tutta la sua
suggestione. E confusi tra presente e passato, tra sogno e realtà,
sembra assalirci un senso di malinconia, di tristezza, ma è impressione
di breve durata. Prepotente rivivono e si affermano la voglia di vivere
nel tempo che corre e la promessa di ritornare su questo scoglio, di
cui il poeta Luigi Tansillo (1510-1568), volendo confortare l’oppresso
Tifeo, così cantava: “Se tu sapessi quante grazie,
e quante / Bellezze, e quai virtù nove e celesti / Premon le
spalle tue, forse diresti: / Più bello è il peso mio
di quel d’Atlante”.
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