New York la gande mela
di Carmine Negro
"New York è un mito e molto
di più, demone ,sfinge, cratere, moloch, idolo, inferno, fossa
di serpenti, escrescenza, vulcano e chissà cos'altro; scrittori
e giornalisti, pittori e fotografi hanno sempre tentato di svelare
questo mito e di rendere visibile la verità che gli sta dietro.
Ma questo può riuscire solo in parte, perché tutto ciò
che si dice di questa città è vero e allo stesso tempo
non lo è; per ogni tesi si può trovare un'argomentazione,
per ogni affermazione una prova... New York è mito e insieme
realtà, e di continuo si è tentati di confrontare le
immagini che si vedono con quelle che vengono dal subconscio e talvolta
si mescolano le une con le altre...
Una città di pietra e di volti, che vive di ciò che
è evanescente....
Qui, quando i teatri chiudono e la gente affluisce alle fermate dei
taxi e alla Subway, ogni volto ha le sue caratteristiche individuali,
ogni volto racconta un'altra storia, possiede un altro segreto...
Io ho cercato di comprendere questo paese attraverso i suoi volti,
la sua atoria e il suo presente, talvolta anche il suo futuro..."
(da Annuario internazionale di letteratura - Horst Bienek
/ 7.5.1930)
New York è il simbolo dell'America
e tuttavia non lo è affatto. La sua travagliata storia l'ha
portata nel corso dei secoli a battersi, distruggersi, rinascere.
L'italiano Giovanni da Verrazzano nel 1524 è il primo europeo
a giungere nella baia di New York e a vedere Manhattan. Lo fa su incarico
di Francesco I, re di Francia a cui rivendica l'intero territorio
della costa orientale. Ma la Francia è troppo occupata nella
guerra con la Spagna per poter prestare attenzione alla nuova colonia.
E', invece, l'inglese Henry Hudson il primo europeo a mettere piede
sul suolo newyorchese nel 1609.
Ci sono in palio 25.000 fiorini per la scoperta di una nuova rotta
che porti in Cina e in Giappone; entra per questo nella baia di New
York e risale il fiume che oggi porta il suo nome (Hudson River) sempre
nella speranza di raggiungere il Pacifico, ma senza successo. Nel
1626 Peter Minnewit, primo governatore dei piccoli insediamenti olandesi
sulle sponde dell'Hudson river, compra l'isola di Manhatta per 60
fiorini dagli indiani e dà al nuovo insediamento il nome di
Nieuwe Amsterdam. Grazie alla compagnia delle Indie Occidentali fondata
dagli Olandesi si svilupparono intensi rapporti commerciali con gli
Indiani. Nel 1650 Nieuwe Amsterdam può contare su una popolazione
di 1000 abitanti e nel 1664 viene conquistata dalla flotta inglese
e ribattezzata New York, perché dominio del duca di York, fratello
del re d'Inghilterra. Nel 1674 gli olandesi riconquistano la città,
ribattezzandola Nieuwe Orange, ma un anno dopo vengono di nuovo scacciati
dagli Inglesi. Finalmente nel 1783, con la pace di Parigi, la corona
britannica riconosce l'indipendenza delle sue ex colonie ma la città
durante l'occupazione inglese è devastata e distrutta dagli
incendi e la popolazione decimata.
Nel nuovo stato che George Washington, a capo delle colonie in lotta,
va costituendo, essa non ha maggior fortuna. Per breve tempo, dall'aprile
1776 al 2 luglio 1776, è il centro direzionale della nuova
nazione: Washington aveva spostato il suo quartier generale da Boston
a N. Y.; dal 1789 non è più neanche capitale del suo
stesso stato, passando questa funzionale ad Albany.
Tuttavia, la sua posizione geografica, che consente di raggiungere
il porto, anche quando le condizioni atmosferiche sono avverse e la
possibilità di avere intorno all'isola un numero illimitato
di moli e banchine aiutano la città a divenire sempre più
il centro nevralgico della nazione. L'apertura del canale Eire, che
spalanca le sconfinate pianure centrali a vasti scambi e le linee
marittime commerciali regolari con l'Europa e con esse della corrispondenza,
dei giornali e dei libri consentono alla città, nei primi anni
del 1800, di avere il monopolio dell'informazione politica, economica
e culturale della nazione.
Nella città fondata sul commercio l'accento è sempre
posto sul successo materiale., mentre l'assenza di una moralità
dominante attira nella città spiriti ribelli, innovatori, aggressivi
ed entusiasti che arricchiscono il suo sviluppo con la loro varietà
di talenti il suo sviluppo. E New York con la creazione di nuove attività
e di improvvise ricchezze, è lì ad incoraggiare il rischio
e l'inventiva.
La città è anche la prima ad assicurare la libertà
di stampa, quando nel 1735 il governatore della colonia intentò
un processo contro Johann Peter Zenger, editore del primo giornale
d'opposizione: il New York Weekly Journal.
E' rifugio dei neri degli stati del sud, dal 1861 al 1865, durante
la disputa per il mantenimento della schiavitù e tra il 1933
e il 1941 degli intellettuali europei perseguitati dal fascismo e
dal nazismo.
Città dei grattacieli: Woolworth Building, 241 m., nel 1913;
Chrysler Building, 319 m., nel 1931, Empire State Building, 381 m.,
nel 1931, e poi ancora Trump Tower, IBM Tower; il World Trade Center,
posto quasi all'estremità dell'isola di Manhattan, con i suoi
420 m. sembra ricordare la ricchezza e la potenza di questo motore
dell'economia mondiale.
Capitale-spia della recessione nei momento difficili: il "venerdì
nero" dell'ottobre 1929 con cui ha inizio la crisi economica
che durerà quasi dieci anni, la stagnazione del 1982, il lunedì
nero di Wall Street del 1987 con la perdita di oltre il 30% del valore
complessivo di tutte le azioni trattate
"New York è una città perfida, una città
sporca. Il suo clima è uno scandalo, la sua politica consiste
nello spaventare i bambini, il suo traffico è follia, la sua
competitività è assassina. Ma una cosa è certa:
se hai vissuto a New York ed è diventata la tua patria, non
esiste posto migliore al mondo". (da "Come nasce un newyorkese"
- John Steinbeck -1902/1968).
Il cielo è grigio e quando si intravvedono da lontano le sagome
dei grattacieli di Manhattan, il cuore della città, non si
può fare a meno di restare sbigottiti. Il Lincoln tunnel che
attraversa con una sottovia l'Hudson river (fiume Hudson) conduce
in poco tempo in una delle vie del centro. Il primo incontro è
con una nera che legge una rivista femminile, seduta con la sua possente
mole su una vecchia cassa; più avanti è con il fetore
di alcuni homeless che lungo il ciglio della Ninth Avenue dormono
in alcune scatole di cartone.
Angela di Springfield e Susan di Bloomfield suggeriscono di scoprire
gli angoli più suggestivi attraverso un giro in battello. Con
me ci sono Julius, un amico brasiliano che vive da vari anni a Washington,
Angela e Sergio, in America per un periodo di ricerca all'NIH di Bethesda,
e Maurizio per conto dell'Enea al NCR, sempre di Bethesda.
Dal fiume le immagini sono suggestive e le costruzioni che si innalzano
per centinaia di metri verso l'alto con le forme più strane
e bizzarre catturano l'attenzione e la fantasia. Una ragazzina di
colore con i capelli corvini raccolti in piccole trecce piene di fiocchi
colorati grida alla mamma "Diamond", riferendosi ad un grattacielo
che termina con una punta luccicante. Il comandante spiega che le
due torri gemelle del World Trade Center, 110.piani in 420 metri,
sono gli edifici più alti di New York. Ricorda che per la loro
costruzione furono impiegati 180.000 t. di acciaio e 4800 km di cavi
elettrici, che le facciate sono di alluminio finemente strutturato
e che le 43.600 finestre sono larghe solo 55 cm. Ma l'attenzione è
tutta rivolta alla dea della libertà che si erge sulle catene
spezzate della schiavitù e tiene nella mano sinistra la Dichiarazione
d'indipendenza con la data storica July 4, 1776. Alta 93 m., la statua,
progettata originariamente da Frédéric August Bartholdi
per l'ingresso settentrionale al Canale di Suez fu donata dalla Francia
agli Stati Uniti per il centenario della loro esistenza ed inaugurata
il 28 ottobre 1886.
Per gli immigrati che giungevano per mare, la statua della Libertà
era il primo sguardo sul mondo nuovo e il simbolo di tutte le loro
speranze, prima di passare attraverso le procedure burocratiche di
Ellis Island.
Ellis Island, una della 40 isole delle acque di N. Y., divenne famosa
perché stazione di smistamenti per gli immigrati in particolare
dal 1892 al 1917.
Gli immigrati venivano sottoposti a visite mediche ed interrogatori
prima di ottenere il desiderato permesso e, quando questo non veniva
accordato, erano rispediti al paese d'origine o confinati sull'isola
fino a una diversa decisione. Tristemente nota anche come "isola
delle lacrime", Ellis Island, dal 1965 monumento nazionale, ricorda
a noi europei e napoletani in particolare storie tristi di separazioni,
di abbandoni e di disperazioni che il tempo a fatica ha rimosso.
Dal battello si possono ammirare con il palazzo dell'ONU tanti altri
gioielli dell'architettura moderna; a mano a mano che ci si allontana
dal centro e dai favolosi ponti, Brooklin Bridge, Manhattan Bridge,
i casermoni della periferia ci proiettano in una solitudine violenta
espressa qua e là da scritte sui muri e da cumuli di immondizia
da tempo non rimossa.
Il battello prima del ritorno va al largo e consente di vedere Manhattan
tutta intera con le geometriche forme che si stagliano in alto e la
cappa di smog che cinge come corona questa porzione di mondo..
Passeggiando per la città c'è sempre qualcosa da scoprire,
la pittura di un giocatore di baseball sulla parete di un palazzo,
un negozio di armi con l'emblematica scritta Glasnost, un grosso pagliaccio
che ti sorride dal tetto di un Mc Donalds. I negozi di materiale elettrico
ed elettronico sono pieni di SALE (saldi) e con i prezzi accattivanti
e le luci intermittenti catturano l'attenzione, stimolano le necessità.
Qualcuno ti saluta con un sorriso, qualche altro ti scruta con uno
sguardo meno benevolo. Nelle strade lunghe limousine nere con tanto
di autista e chauffer si alternano ad auto francesi, tedesche e soprattutto
giapponesi.
Di sera all'aperto in una piazza del Grenwich Village dei giovani
sono impegnati in una rappresentazione scenica di un testo teatrale
di Shakespeare. Poco lontano, in questo luogo dove si trovava originariamente
l'insediamento indiano Sapakanik, piccoli ristoranti greci, francesi,
italiani si alternano con caratteristici negozi dove è possibile
comprare gli oggetti usati più strani, dalle rarità
antiche a quelli più comuni della vita quotidiana.
"La Fifth Avenue è una strada dove molta gente spende
soldi per comprare cose che non le servono per fare colpo su gente
che non le piace" (Anonimo)
Sulla strada più famosa di N. Y. il traffico in certe ore è
caotico. La polizia blocca un tratto di strada alla circolazione per
una manifestazione nel nome di Allah: giovani arabi si battono a sangue
il petto nudo. Fuori la cattedrale di St Patrick's esuli lituani manifestano
contro la perestroika che schiaccia le identità delle diverse
anime dell'Unione Sovietica.
Il Rockfeller Center, ora di proprietà dei giapponesi, con
i suoi 21 grattacieli adibiti a uffici e la Sunken Plaza con la statua
in bronzo dorato di Prometeo tra file di bandierine attira più
per la fama che per la bellezza.
Sede di eleganti negozi, tra cui spiccano molte firme italiane, la
Fifth Avenue è di giorno affollata sia di stranieri che di
newyorchesi che qui vengono a passeggiare, a curiosare tra le vetrine,
ad ascoltare complessini che in vari punti della strada improvvisano
piccoli concerti talvolta gradevoli e talaltra accozzaglia di stonature
che i passanti accolgono con un tollerante sorriso.
Ma di sera i negozi spengono le luci e chiudono e la strada, nella
maggior parte dei tratti, si sfolla per essere rioccupata da homeless
che vagano alla ricerca di un angolo in cui passare la notte e di
individui che la precauzione invita a tenere lontani.
Muoversi in gruppo, allora, diventa una prudente necessità.
Bastano pochi passi e ci ritroviamo nella Times Square", dove
la Fifth Avenue incontra la Broadway, la via dei teatri. Le luci intermittenti
dei grossi cartelloni, i sex shop, i ristoranti e gli altri locali
sono affollati. La vita ritorna frenetica ed eccitante, anche se non
priva di insidie come ricordano le guide.
"Con le parole non comprenderò mai New York. E neanche
ci penso più a comprendere questa città; mi disciolgo
in essa; parole, immagini, sapere, aspettative non mi servono a nulla
verificare, che siano vere o fasulle è privo di senso. Non
è possibile nessun confronto con le cose presenti. Esistono
in un altro mondo: sono là. Ed io guardo e guardo, piena di
meraviglia come un cieco che ha riacquistato la vista" (da America,
giorno e notte - Simone de Beauvoir - 1908/1986).
Di domenica mattina la città dorme fino a tardi. Dai tombini
delle strade si alzano alti i vapori e sui marciapiedi i cumuli di
immondizia sono più alti del solito. Il parcheggio è
un po' lontano dalla metropolitana e ci costringe per un tratto a
piedi tra strade senza storie. Non ci sono luccicanti grattacieli
ma case anni '30 disabitate, con gli infissi divelti e le scale di
servizio arrugginite. Un negozietto di fortuna ricavato su uno di
questi palazzi fantasma ci fa pagare un pacchetto di sigarette il
prezzo di due.
La metropolitana , 28 linee e 461 stazioni con una rete lunga 350
km, non ricorda minimamente quella incontrata a Washington.
Nel sottosuolo, con la folla che sale e scende sugli stretti marciapiedi,
le vecchie carrozze sembrano, nella loro corsa, essere inghiottite
dai piccoli cunicoli scavati nel terreno. Nelle stazioni della Subway
quello che spesso colpisce è il calore soffocante ed il nauseante
odore dell'urina.
Il Metropolitan Museum con le sue grosse collezioni d'arte europea
è una vera città della cultura: particolare quella italiana
dal XIV al XVI secolo; interessante la ricostruzione del tempio di
Dendur donato dallo stato egizio agli Stati Uniti prima che venisse
inondato dalla diga di Assuan; le mostre permanenti, le esposizioni
temporanee, le rassegne cinematografiche, i ristoranti.
L'organizzazione del Metropolitan Museum, del Museo d'Arte Moderna,
del Guggenheime e di tutte le altre istituzioni culturali, è
a New York, come in tutta l'America, invidiabile. Programmi ricchi
di attività culturali ed un patrimonio fruibile immenso e ben
conservato.
L'interno di una casa romana, con le pareti affrescate, il letto,
le altre suppellettili e il pavimento caratteristico, prelevato a
Boscotrecase, è stato ricostruito con invidiabile cura all'interno
del Metropolitan Museum.
I numerosi shop interni, poi, consentono di acquistare libri d'arte
a prezzi accessibili, posters, cartoline, magliette e tutto quanto
l'attività commerciale suggerisce alla fantasia e i ristoranti
interni di dedicare l'intera giornata alla visita e allo studio nelle
biblioteche.
Uscendo dal Metropolitan Museum si costeggia il Central Park, il polmone
verde della città, di giorno punto d'incontro di anziani, giovani,
famiglie intere e di notte dominio incontrastato di bande più
o meno organizzate.
Vicino all'Hotel Plaza i cocchieri delle carrozzelle sorridono ai
passanti e li invitano ad un giro turistico; i cavalli guardano con
occhio non benevolo i presunti proprietari delle auto che limitano
il loro spazio.
"In cima all'Empire State Building c'è una piattaforma
panoramica. Da lassù col vento che ti fischia intorno e vedendo
laggiù quella città gigante, quella città piovra,
o comunque la vogliate chiamare, non si può evitare un certo
eccitamento. Laggiù in profondità si stipano i grattacieli
e tra di essi un brulichio come di formiche e di minuscole automobiline,
e là c'è l'East River e Brooklin Bridge, e là
l'Hudson con i suoi moli e le sue navi...
Ho provato qualcosa di simile solo sulla vetta del monte Elbrus con
il Caucaso ai piedi. Tutto sotto di te! Là si è sopraffatto
dalla grandiosità della natura, qui invece dalla grandiosità
della bellezza dell'uomo! Poiché tutto ciò è
opera sua, del suo cervello e delle sue mani" (da Di qua e di
là dell'Oceano - Victor P. Nikrasov - 1911/1987).
Dal 102° piano di questo grattacielo simbolo di New York, l'Empire
State Building, si gode una vista incomparabile su Manhattan e, in
parte, sugli altri quartieri (broughs), Brooklin, Broux, Ancense Shaten
Island, in cui è suddivisa la città. I dieci milioni
di abitanti che la popolano fanno della metropoli uno dei più
concentrati siti del mondo e dei più vari per etnia (i portoricani
residenti a N. Y. sono, per esempio, un milione, più degli
abitanti della stessa capitale San Juan), religione, costumi.
Si fa la fila sul terrazzo per poter ammirare un pezzo della città
verticale. Macchine fotografiche e telecamere non si contano e tutti
in posa ad immortalare l'attimo. A guardare giù si hanno le
vertigini eppure c'è chi mette il proprio figlio, poco più
che lattante, appoggiato alla rete di protezione per consentirgli
una migliore vista del panorama. A nord alcuni sono attirati dalla
Public Library del Rockfeller Center, dalla St Patrick Cathedral o
dal Central Park; ad est altri riconoscono il palazzo di vetro dell'ONU
(United Nations Building); a sud sono le torri gemelle del World Trade
Center ad attirare l'attenzione, insieme alla Statua della Libertà,
e ad ovest il fiume Hudson ed un pezzo del New Jersey.
Prima di imboccare il Tunnel che viola il letto del fiume e ci scaraventa
fuori Manhattan, in un altro mondo, dò un ultimo sguardo all'enorme
cartellone pubblicitario che si sta realizzando ad altezza impressionante,
a questo ingresso della città.
L'ho visto crescere nella città, grazie a due operai che quella
mole rende piccolissimi, cittadini di una città, Lillipuz,
che ho ripescato tra i tenui ricordi d'infanzia. Coi loro colori essi
lo fanno lentamente emergere dal fondo bianco; ora il televisore è
completo, mentre il mazzo di fiori lanciato da due sposi abbisogna
ancora di ritocchi.
Da lontano le miriadi di luci fioche di questi enormi palazzi si confondono
con le stelle insolitamente presenti nel cielo di questa città
che per un momento si presenta senza la caratteristica cappa di smog.
L'emozione di rivedere dal vivo quanto avevo già apprezzato
in filmati o in cartoline è grande e la mente è tutta
tesa a fissare il magico momento e la preziosità dell'immagine.
I miei compagni di viaggio ricordano alcuni angoli, delle situazioni,
dei momenti; ascolto in silenzio per riviverli con loro, cercare una
sintesi.
Sì, New York è una città profondamente umana,
dove i contrasti sottolineano quello che altre città nascondono:
i sogni e gli incubi degli uomini.
Profondamente umana perché sublime nelle capacità che
sa esprimere, ambiziosa nei suoi progetti, ardita nelle scelte ma
anche violenta, sporca e falsa.
Sì, New York sa sintetizzare più di ogni altra città
l'uomo: i suoi vizi e le sue virtù
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