Esperienza di animazione teatrale
di Carmine Negro
Il tempo prolungato a Forio compie tre anni. Abbiamo
rivisitato, attraverso la programmazione didattica, una delle attività
integrative svolte durante il primo anno, riscoprendone la grande
ricchezza educativa.
George A. Theodorson e Achilles C. Theodorson (1) definiscono il termine
"crisi" come una "grave interruzione del normale modo
di vita di un individuo o di un gruppo (nel nostro caso il sistema
scolastico), dovuta al verificarsi di una situazione inattesa di fronte
alla quale l'individuo o il gruppo (o il sistema) sono impreparati
e che solleva problemi cui le risposte consuete risultano inadeguate".
La crisi ? aggiungono ? può essere "cumulativa",
quando "si sviluppa lentamente attraverso una lunga serie di
eventi e alla fine raggiunge uno stadio in cui è così
dirompente per la normale vita dell'individuo o del gruppo che non
può essere ignorata più a lungo"; inaspettata "quando
si verifica senza preavviso ed è il risultato di fattori che
sono al di fuori del controllo dell'individuo o del gruppo (o del
sistema) interessati".
La situazione inattesa e nuova di fronte alla quale il sistema scolastico
si è trovato impreparato è costituita dal "cambiamento",
e cioè dai profondi mutamenti, verificatisi nei diversi settori
del contesto sociale in conseguenza delle rivoluzioni: scientifica,
industriale e sociale che caratterizzano il nostro tempo (2).
Di fronte a questi cambiamenti il sistema scolastico non è
riuscito a rinnovare le proprie strategie continuando spesso, in nome
di un mutamento inteso come processo ripetitivo e circolare, a riferirsi
unicamente a ciò che è fisso ed immutabile, attraverso
una didattica della contemplazione della conservazione e della trasmissione.
La legge 517, e più tardi la riforma del 9.2.79, hanno aperto
la scuola media dell'obbligo ad esperienze nuove inserite, dopo diverse
sperimentazioni (doposcuola, tempo pieno, LAC) in modo organico nell'O.M.
del 22 luglio 1983 che istituiva nel nostro sistema scolastico il
tempo prolungato.
I docenti delle prime due classi a tempo prolungato della Scuola Media
di Forio, nel programmare le attività curricolari ed extracurricolari
per l'anno scolastico 1986/87, cercarono di coniugare i bisogni della
comunità?classe con le esigenze emergenti nella complessa realtà
sociale in cui viviamo. Per le attività extracurricolari, in
particolare, oltre ad un corso di informatica di cui abbiamo già
riferito (La Rassegna d'Ischia n. 2 ? marzo 1987) decisero di puntare
sull'animazione teatrale.La programmazione didatticaL'analisi della
situazione di partenza effettuata dai due consigli di classe all'inizio
dell'anno fece emergere la diversa provenienza socio?economica e culturale
degli alunni. Questa si traduceva in una eterogenea preparazione scolastica
nelle varie discipline e in un differente grado e modo di partecipazione
alla vita del gruppo classe.
I consigli di classe decisero allora di scegliere, come esito finale
dell'azione educativa da conseguire nel corso del triennio, la progressiva
maturazione di sé e del proprio rapporto con il mondo esterno
(Prg. 9.2.79; Prem. gen. 1 parte 3a). Per il conseguimento della finalità
educativa, prima enunciata. e come modalità di organizzazione
di essa, ci si orientò sui seguenti obiettivi didattici: educare
alla socialità, nel senso di educare alla comunicazione e alla
partecipazione; educare a conoscere attraverso il metodo scientifico,
perché l'approccio scientifico del sapere è il modello
più diffuso e utilizzato oggi; educare all'operatività,
intesa non solo come manualità ma sviluppo di una dimensione
progettuale nella persona; educare a storicizzare, inteso a documentare
le proprie esperienze, a riflettere sul proprio operato per ricavare
indicazioni per le attività successive, ad orientarsi…,
a collegare.
Questi obiettivi furono opportunamente declinati in obiettivi comportamentali
e considerati come criterio regolativo del processo di formazione.
Sono d'altronde gli obiettivi comportamentali, con l'ausilio dei linguaggi
specifici delle singole discipline, a contribuire alla realizzazione
dello sviluppo della persona nella quale si realizza l'unità
del sapere. Per coadiuvare questo sviluppo i consigli di classe scelsero
perle attività pomeridiane il teatro e in generale la rappresentazione
come modello per "potenziare le capacità di partecipare
ai valori della cultura, della civiltà e della convivenza sociale
e di contribuire al loro sviluppo...(Premessa ai nuovi programmi).
Nell'analisi della situazione di partenza era emerso in molti la difficoltà
ad esprimere e comunicare, per carenze nell'utilizzo della lingua
parlata e scritta.
Per rispondere a questo bisogno fu scelto come tema conduttore delle
attività: il linguaggio e le varie forme di espressione. Infatti
il D.M. del 22.7.83 (art. 1) prevede nelle classi a tempo prolungato
la possibilità di svolgere libere attività complementari
collegate alle discipline curricolari attraverso la programmazione
educativa e didattica di cui all'art. 7 della legge 4.8.1977 n. 517
proposta dai consigli di classe e deliberata dal collegio dei docenti.
Il fine è quello di ampliare il campo degli interessi culturali
ed espressivi degli alunni con attività a carattere interdisciplinare
organizza te per gruppi della stessa classe o di classi diverse.La
grammatica teatrale (3)Il teatro, almeno nel senso più moderno
del termine, nasce nel momento in cui l'uomo prende coscienza di una
realtà rappresentata e quindi diventa capace di accettare una
specie di gioco che si sostiene su due semplici regole: la verità
e la finzione.
Rappresentare significa rendere presente e cioè rendere visitabile,
comprensibile a chi assiste la realtà che è stata vita
e che ora è teatro. Ma la realtà della vita è
spesso complessa, confusa e troppo densa per essere capita nelle linee
di fondo, nel suo significato più intimo. Rappresentare vuol
dire allora trovare i modi e i mezzi per ingrandire, isolare, mettere
le mani sui significati autentici e spesso anche i più nascosti
del nostro vivere.
Silvio D'Amico riferisce che un grande regista a cui si chiedeva cosa
fosse il teatro rispose pressappoco così: "Due persone
in piazza si fanno largo fra la gente, stendono per terra un tappeto
o una stuoia o non stendono niente e si mettono a dialogare tra loro".
Senza dubbi il primo mezzo usato dal teatro è la parola o meglio
il linguaggio teso sempre in quel tipo di ingrandimento o potenziamento
dei significati che è essenziale perché la comunicazione
del vero possa avvenire con la massima intensità ed efficacia.
Un mezzo per ottenere l'intenzione è senza dubbio l'accento
patetico, che colora la voce dandole sfumature tenui o cupe, dure
o indecise, soffocate o ferme. L'accento patetico esprime i significa
ti emotivi e psicologici con i quali le parole sulla carta si vestono
dell'intenzione di chi le pronuncia.
Altro mezzo è l'accento oratorio che permette di dire la battuta
con una certa colorazione logica, sottolineando le diverse sfumature
che la frase assume appoggiando la voce sull'una o sull'altra parola.
Chi recita deve naturalmente imparare a dire chiaramente ciò
che deve dire. Ciò significa non mangiare le parole ma pronunciarle
correttamente e chiaramente, rispettare la punteggiatura, imparare
a respirare mentre si recita, porre particolare cura nelle pause importanti
per lo meno quanto le parole. La realtà può essere comunicata
attraverso le parole nel linguaggio scritto, può essere rivestita
dell'intenzione patetica o oratoria in quello parlato, ma la comunicazione
passa anche attraverso l'espressione del volto, il gesticolare delle
mani, l'atteggiamento del corpo.
Ecco, allora, l'intenzione mimica o metalinguaggio. Il volto, in particolare,
può esprimere ansia, riflessione, preoccupazione, sorpresa,
scoperta, terrore, dubbio, indifferenza, intesa, lealtà attraverso
lo sguardo, l'apertura delle palpebre, le sopracciglia, l'apertura
delle labbra, la piega degli angoli della bocca, la posizione del
mento coadiuvato dalla posizione generale del corpo.
Il metalinguaggio è detto anche linguaggio mimico o semplicemente
mimica. È chiaro che fare della mimica significa esprimersi
con tutto il corpo, utilizzare la faccia, le mani, le gambe, le varie
inclinazioni del busto e valersi del movimento di tutti questi elementi
coordinati a rendere viva la scena. A questo punto possiamo dire di
avere scoperto il "personaggio". Ognuna delle possibili
azioni mimiche corrisponde, infatti, ad un uomo diverso. E non solo
per l'età, ma per il carattere e per la sua posizione sociale.
I personaggi a teatro rappresentano la loro storia in uno spazio a
loro riservato e, dunque, dovrà trattarsi di scene ed elementi
materiali della loro storia.
Anche le scene allora devono rappresentare la realtà semplicemente
riproducendola.
Quindi come il linguaggio scritto ed il metalinguaggio anche la scena
dovrà servire a questo scopo chiarificatore. Ecco la necessità
di dipingere con Iá luce, deformare le cose comuni perché
acquistino significato (trucco e acconciatura). Dall'interpretazione
dell'attore ricaviamo il senso della regia che schematicamente consiste
dunque nell'utilizzare tutte le possibilità espressive del
teatro (temperamento dell'attore, linguaggio scritto e parlato, metalinguaggio,
scenografia, luci, sonoro) verso un'unica rappresentazione della realtà.L'attività
in classeDurante l'anno scolastico si lavorò a classi aperte.
Gli alunni provenienti da due classi si divisero in tre gruppi di
lavoro differenti. Nel primo gruppo oggetto di studio furono le varie
forme di comunicazione. Nel secondo gruppo si realizzarono degli sketches
in lingua inglese. Nel terzo si passò prima all'elaborazione
e poi all'animazione di un testo prendendo spunto da una favola del
Rodari 1l giovane gambero
Il lavoro del primo gruppo fu un viaggio nel mondo della comunicazione.
Si partì dal linguaggio gestuale dell'uomo primitivo e attraverso
varie tappe si arrivò al linguaggio verbale del suono, delle
immagini, del corpo nello spazio. Ma la crescita delle possibilità
comunicative, la loro evoluzione interna, ha espresso nel corso dei
tempi idee diverse e differenti modelli di vita che gli alunni hanno
cercato di ricostruire e riproporre Ne nasce uno spaccato della realtà
con i drammi, le passioni, le angosce, le angustie del tempo. Non
privo di speranza, se è vero che la scena finale indica in
un mondo unito l'ideale. Tra tutti, due i momenti particolari: quello
della relazione pubblicità?soggetto, uomo?oggetto e quello
delle ombre cinesi che con la loro carica fortemente emotiva hanno
delineato la spersonalizzazione dell'uomo nella realtà contemporanea.
Il secondo gruppo elaborò tre scenette in lingua inglese, suddividendo
il lavoro in due fasi: una destinata alla costruzione dei testi ed
una all'animazione degli stessi. Questo con lo scopo di migliorare
le tecniche della comunicazione verbale e non, di assimilare le prime
strutture della lingua inglese, di abituare gli alunni all'uso pratico
di questa lingua.
"Il giovane gambero", favola ricca di fantasia e nello stesso
tempo dinamica, attuale e carica di significati, si è prestata
molto bene ad essere drammatizzata ed animata dagli alunni.
Gli animali che il giovane protagonista incontra nel suo viaggio evocano
con la loro familiarità figure, immagini e situazioni della
vita di tutti i giorni. Lo stesso protagonista è simbolo della
forza e della perseveranza di un ideale che resiste malgrado l'atteggiamento
di tutti sia quello di uniformarsi passivamente alle idee e alla mentalità
correnti.
Le tre esperienze hanno avuto il loro momento culminante nella rappresentazione
in uno spettacolo di fine anno.
Questa esperienza ha consentito di avvicinarsi allo spettacolo moderno,
in modo costruttivo e nuovo.
Abituare lo spettatore a vedere il film o un'opera teatrale o televisiva
come fatto comunicativo, stimolarlo a comprendere i processi costitutivi,
diventa l'unico modo per sfuggire ad uno dei meccanismi più
sottili e dannosi della società di massa: la passività
del fruitore.
Lo spettacolo moderno è una grande presenza, ma anche una grande
assenza (4).
L'unica componente che lo spettatore medio ricerca ed individua in
ogni spettacolo cinematografico, teatrale, televisivo è infatti
la componente ludica.
Edgar Morin (5), uno dei più acuti studiosi della società
di massa del nostro tempo, afferma che l'uomo moderno è assolutamente
ricettivo e passivo nei confronti dei messaggi diffusi dalla cultura
di massa. Egli è un essere astratto in un universo astratto.
Le sue "esperienze culturali" in apparenza varie e molteplici
non lo arricchiscono, non gli fanno vivere i problemi con cui viene
a contatto, tutto si svolge davanti a lui senza che egli possa comprendere
a fondo quanto contempla.
Cercare di contribuire a creare un pubblico che non sappia soltanto
ricevere ma ritrasmettere, trasformandolo, quello che riceve (6) è
quanto si propone il dibattito metodologico contemporaneo.
Riferimenti
1) G.A. Theodorson ? A. C. Theodorson ? Dizionario
di sociologia ? A. Marotta editore ? Napoli, 1971 ? p. 133.
2) C. Giugni ? Ipotesi per la soluzione della crisi della scuola in
Cultura e scuola n. 75 p. 182.
3) C. Parenti ? Facciamo teatro ? Paravia editrice.
4)Rosa Montesano ? Leggere il cinema in Cultura e scuola n. 77 ? 1981
p. 232.
5) E. Morin ? L'industria culturale ? Il Mulino, Bologna, 1963 ? p.
64.
6)E. Vittorini ? Diario in pubblico ? Bompiani, Milano 1976 ? p. 408
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