Quattrocento Aragonese
La pittura a Napoli al tempo di Alfonso e Ferrante
d’Aragona
di Carmine Negro
In occasione del XVI Congresso Internazionale di Storia
della Corona d’Aragona, che dopo 25 anni è tornato ad
avere come sede ospitante Napoli, è stata allestita, nelle
suggestive sale di Castel Nuovo, una mostra sulla pittura del Quattrocento
a Napoli. Organizzata dal Comune, in collaborazione con la Soprintendenza
per i Beni Artistici e Storici di Napoli, questa esposizione si segnala
non solo per il prestigio delle opere e dei rispettivi autori ma soprattutto
per la dimensione europea che restituiscono a Napoli il ruolo di capitale
europea. Questo aspetto viene evidenziato dal Sindaco Antonio Bassolino
nella Presentazione del catalogo quando ricorda che la città
nel “... passaggio cruciale della signoria angioina alla dinastia
aragonese, nella figura appunto del Magnanimo,... divenne ... il luogo
di incontro di artisti e opere provenienti dalle Fiandre, dalla Francia,
dalla Provenza e dalla Spagna costiera, da Barcellona a Valencia e
a Maiorca. In questo senso, e perciò, Napoli si afferma come
luogo unico, centro di un Rinascimento eguale e diverso, dal respiro
genuinamente europeo, l’unico grogiuolo, in realtà, di
culture da cui poteva nascere - come è stato osservato - la
figura di uno dei più alti pittori del Quattrocento italiano,
Antonello da Messina.”
L’Annunciata, proveniente dai Musei Civici di Como e attribuita
per primo dal Bologna nel 1977 ad Antonello da Messina, è una
delle opere esposte in mostra molto probabilmente prodotte a Napoli
nel periodo in cui il pittore soggiornò presso la bottega di
Colantonio. L’attribuzione al pittore siciliano deriva da un
accostamento dell’opera alle clarisse di Colantonio della pala
francescana di San Lorenzo e sottolinea quanto fosse importante nella
sua formazione il periodo passato presso la bottega dell’anziano
maestro napoletano, soprattutto per quel contatto con la pittura europea,
rappresentata a Napoli nel periodo di re Renato e di Alfonso il Magnanimo,
da Barthélemy d’Eyck e Jean Fouquet. Questa pittura era
caratterizzata da plasticità e luminosità e questo piccolo
intenso capolavoro ne è un esempio; questo ritratto di monaca,
infatti, si distingue per una finezza nel taglio degli occhi, che
si presentano con le pupille lucenti di riflessi e per una resa delle
pieghe leggere della stoffa, sottolineate da un sottile filamento
luminoso, che sarà tipico della sua pittura.
Diverse sono le tavole di Colantonio del Fiore, il primo maestro di
Antonello da Messina, attivo a Napoli tra il 1440 e il 1470, presenti
alla mostra. Provengono dal Museo di Capodimonte le tavole San Girolamo
nello studio e San Francesco consegna la regola al primo e secondo
ordine francescano, dalla chiesa di S. Pietro Martire il Polittico
di San Vincenzo Ferrer dalla chiesa di San Domenico Maggiore l’olio
su tavola che rappresenta la Deposizione dalla croce. A Napoli, alla
corte di Alfonso d’Aragona, si erano formate due tendenze pittoriche:
una che guardava alla cerchia di Piero della Francesca e l’altra
rivolta verso le Fiandre nonchè la Spagna. Colantonio, il cui
nome ci giunge attraverso un a lettera di Pietro Summonte a Marcantonio
Michiel del 1524, apparteneva al secondo gruppo. In questa lettera
egli viene definito come un abile pittore, il quale aveva appreso
l’uso del colore alla maniera fiamminga da re Raniero (Renato).
Il trittico San Francesco fra le sante Lucia e Caterina, proveniente
dalla Chiesa di Santa Maria la Nova, attribuito al Maestro di Pere
Roig de Corella, è considerato una rara testimonianza della
pittura nell’età di Alfonso il Magnanimo e dei suoi legami
con la cultura franco-fiamminga degli anni di re Renato, di Barthélemy
d’Eyck e di Jean Fouquet.
Proviene sempre dalla Chiesa di Santa Maria la Nova ed in particolare
dalla settima cappella di sinistra, ignorato dalle fonti antiche e
dalle guide, la Madonna dell’umiltà può essere
considerato, sotto il profilo tecnico e formale, un vero capolavoro.
Assai danneggiata dal tempo questa tempera su tavola presenta effetti
rari di sontuosa raffinatezza specie nelle vesti broccate e damascate,
nelle ali variopinte dei sette angeli, nella corona e nell’aureola
della Vergine.
Varie altre chiese hanno fornito con le loro pitture testimonianze
di un periodo felice della pittura a Napoli. In particolare ricordiamo
l’Annunciazione di Angiolillo Arcuccio proveniente dalla Chiesa
della SS. Annunziata di Giugliano. Arcuccio si rivela come uno degli
artisti locali più fedeli alla lezione, importata fra gli anni
Quaranta e gli anni Sessanta dagli artisti iberici, in particolare
valenciani e catalani, secondo gli schemi di Jacomart e di Juan Reixach,
improntata ad una ricchezza di ornati, ad una forte staticità
e caratterizzazione.
Non sono trascurati dalla mostra artisti come il grande e anonimo
“Maestro di San Severino”, Francesco Pagano e Riccardo
Quartaro attivi a Napoli, a Valencia e in Sicilia fra i primi anni
Settanta e la fine del Quattrocento.
In conclusione questa esposizione mostra uno spaccato della pittura
a Napoli in un’epoca di grosse trasformazioni in cui il gusto
catalano aragonese si innesta su quello borgognone provenzale diffuso
precedentemente da Renato d’Angiò; la tradizione di una
corte colta e raffinata con un re come Alfonso d’Aragona, che
aveva per sua formazione la vocazione del sapere come virtù
generosa e disinteressata e che, come sovrano, era convinto che, oltre
la politica, il dovere di un principe fosse quello di elevare se stesso
e gli altri alla sublimità dell’arte.
Quasi a sintetizzare il clima culturale e lo splendore suggestivo
di questo periodo storico in una sala è esposta la famosa Tavola
Strozzi, una “prospettiva, in parte vera ed in parte fantastica”
(R.Pane), ma di sicura efficacia simbolica di una città come
Napoli che negli anni Settanta un umanista come Francesco Bandini
descriveva con edifici “grandi et magnifici”, con case
“splendide”, con templi “bellissimi et con solennità
cultivati”, con strade “pavimentata di selici che per
ogni tempo sta pulitissima, piena di giardini amenissimi e di fontane
vive per tutto”.
Bibliografia
Quattrocento Aragonese La pittura di Alfonso e Ferrante d’Aragona
Electa Napoli 1997
Filena Patroni Griffi - Napoli Aragonese, Tascabili Economici
Newton 1996
Ernesto Pontieri - Napoli Aragonese da Storia di Napoli Vol
IV
Ferdinando Bologna - La cultura pittorica a Napoli nei decenni
aragonesi…da Storia e Civiltà della Campania Electa
Napoli 1994
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